“La proposta con la quale ci lasciamo oggi, è quella di attuare un piano di corresponsabilità, che parta dalle scelte di rimuovere i “macigni” e ricomporre le “fratture” che ci impediscono di andare avanti, imparando a discernere insieme, a co-progettare e creare reti comunitarie”. Con queste parole don Marco Pagniello, direttore di Caritas italiana, ha congedato i 660 direttori e membri d’equipe delle 173 Caritas diocesane d’Italia che, dal 17 al 20 aprile scorsi, si sono riunti a Salerno prendendo parte al 43° Convegno nazionale delle Caritas diocesane, che ha avuto come tema portante “Agli incroci delle strade. Abitare il territorio, abitare le relazioni”.
Quattro giorni intensi che tra lectio magistralis, tavole rotonde, testimonianze e tavoli di lavoro, hanno concesso di fare il punto della situazione tra le varie esperienze Caritas in Italia, in una sorta di osmosi dove tutti hanno qualcosa da dare e da ricevere in termini di conoscenze, vissuti, progetti e processi, incontrando quelle “periferie” che papa Francesco più volte ha richiamato come missione collettiva per la Chiesa.
Tante le tematiche affrontate, che hanno spaziato dalla “carità” all’architettura sociale, dal disagio giovanile ai giovani come soggetti protagonisti. Sono stati incontrati sacerdoti che vivono sotto scorta e testimonianze di “vita ritrovata”; non da ultimo è stato dato spazio al dibattito sulle tematiche – urgenti ma anche emergenti – del Prendersi cura, dell’Educazione, dei Giovani, della Solidarietà globalizzata e delle Migrazioni, all’interno delle Assemblee tematiche “Forgiare dignità, creare speranza”.
La prima giornata: l’avvio
La prima giornata si è aperta con i saluti dell’arcivescovo di Salerno-Campagna-Acerno, monsignor Andrea Bellandi, e del Sindaco di Salerno, Vincenzo Napoli, nonché del Presidente della Regione Campania, onorevole Vincenzo De Luca.
Ad introdurre il Convegno, monsignor Antonio Di Donna, vescovo di Acerra e presidente della Conferenza Episcopale della Campania, che si è soffermato su una tematica drammaticamente moderna: il cammino delle Chiese campane di fronte al dramma dell’inquinamento ambientale. Non è mancato poi l’invito ai presenti ad essere “capaci di gesti profetici” di fronte alle sfide di oggi, a partire da quelle della pace e delle ingiustizie sociali.
A fargli seguito, monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli, nostro arcivescovo e presidente di Caritas italiana, il quale ha sottolineato come “questo cammino delle Caritas diocesane non deve essere scollegato da quello complessivo della Chiesa e deve sempre partire dalla preghiera e dalla Parola di Dio, che ci dicono chi siamo come Caritas e della dignità dei poveri”. “Siamo tenuti a farci voce di una “profezia” – ha aggiunto l’arcivescovo -, non per essere denuncia ma realtà attiva nei confronti dei poveri”. Ha concluso quindi invitando le Caritas presenti a prestare attenzione ai territori, senza dimenticare le tante situazioni che ci sono nel mondo: “non possiamo fare tutto per tutti, ma non dobbiamo perdere la voglia di essere comunità”.
La giornata di apertura si è conclusa quindi con gli interventi di Carlo Borgomeo, presidente della Fondazione “Con il Sud” e di monsignor Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e segretario generale della CEI, che ha offerto una lettura sul “Principio della carità per una Chiesa sinodale”.
La seconda giornata: dai territori
La seconda giornata del Convegno nazionale si è aperta da subito con le emozioni forti: dopo la lectio e la preghiera guidate da don Francesco Picone, vicario generale e moderatore della Curia della Diocesi di Aversa, che ha offerto le sue riflessioni anche nelle giornate successive, la parola è passata a Salvatore Ferrigno, il quale ha portato la sua difficile esperienza di riscatto dalla droga, dal carcere, dalla vita in strada, avvenuto grazie all’incontro con Caritas, realtà dove si è sentito accolto e ascoltato, grazie alla quale ha trovato “il coraggio di non morire”; ha ripreso in mano la sua vita trovando, nella fiducia ricevuta, la sua vera strada: “trovando nell’errore una possibilità, cerco ora di restituire agli altri ciò che mi è stato donato”.
Spazio quindi agli interventi del professor Giovanni Laino, docente in Tecnica e Pianificazione urbanistica all’Università Federico II di Napoli, il quale nel suo approfondimento “Mettere al centro le periferie nella politica: approccio integrato all’esigibilità dei diritti con il protagonismo delle persone”, ha richiamato alla necessità di riformulare il patto sociale fondativo: “le periferie – ha espresso – hanno bisogno di programmi non occasionali, che rendano effettivamente esigibili i diritti. Sono importanti gli spazi, ma allo stesso tempo le risorse umane, quelle economiche e le competenze. E per fare questo occorre un approccio integrato e pluridimensionale”.
Parole riprese anche da Carmine Matarazzo, ordinario di Teologia pastorale alla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia meridionale: “Riscopriamo la presenza profetica dei poveri – ha espresso -; promuoviamo una logica, all’interno del Sinodo, per un cambio di mentalità affinché ci siano strade nuove, nuove menti e logiche nuove. Le periferie sono prima di tutto esistenziali, spesso “deserti di case” che pur pullulando di palazzi sono vuote di relazioni, di incontri, di amore”.
Il pomeriggio è stato dedicato alle “Voci dal territorio”, con le testimonianze dirette da Casamicciola, devastata dall’alluvione ma che ha trovato forza nel volontariato spontaneo, soprattutto dei più giovani; dalla Terra dei Fuochi, con don Maurizio Patriciello che da un anno vive sotto scorta; dalle zone montane dell’Abruzzo, soggette a forte spopolamento; da Gennaro Pagano, coordinatore del Patto educativo per Napoli, per combattere la povertà educativa e il disagio giovanile.
La giornata si è conclusa con la concelebrazione della Santa Messa nel bellissimo duomo di Salerno e una cena con degustazione di prodotti del territorio, curata dalla Delegazione regionale Caritas e dalla Regione Campania.
La terza giornata: il lavoro d’insieme
La terza giornata è stata dedicata al lavoro di gruppo. Dopo l’emozionante e commovente testimonianza di Blessing Okoedion, vittima della tratta, schiava in Italia e oggi finalmente libera anche grazie all’incontro con suor Rita Giaretta – che da più di 20 anni accoglie e accompagna verso il riscatto e l’indipendenza giovani donne schiave della strada – i partecipanti sono stati quindi suddivisi in cinque Aree tematiche: Prendersi cura; L’educazione, realtà dinamica; Giovani capaci di sognare; Solidarietà globalizzata; Costruire insieme il futuro.
La mattinata è stata dedicata all’approfondimento su ciascuna area, grazie al coordinamento offerto a ciascun gruppo da direttori di uffici e organismi CEI; nel pomeriggio, suddivisi in ben 41 piccoli tavoli di lavoro, tutti i partecipanti al Convegno si sono confrontati sulle rispettive tematiche, restituendo risonanze, spunti, interrogativi e proposte al direttore e al presidente di Caritas italiana.
L’ultima giornata: spunti e riflessioni
Nell’ultima giornata sono stati don Marco Pagniello e Carmine Matarazzo a portare una sintesi di quanto emerso tra i tavoli di lavoro: tra le parole più ricorrenti, sicuramente “ascolto”, ma anche “coprogettazione”, “formazione” e “bisogno di cambiare lo sguardo”. Tematiche queste sulle quali ora le singole Caritas diocesane sono chiamate a riflettere, invitate dal direttore a “non affrontare le situazioni da sole ma rendendoci corresponsabili”.
Le sensazioni
“Papa Francesco ci invita ad andare ai “crocicchi” delle strade ma oggi è difficile capire che cos’è centro è che cos’è periferia in una società liquida – ha espresso al termine dei lavori convegnistici Adalberto Chimera, vicedirettore di Caritas diocesana Gorizia -. Come Caritas diocesana ci è stato detto che dobbiamo aiutare le comunità ad accorgersi delle persone che vivono in queste periferie esistenziali, che non sono necessariamente quelle geografiche, dove non si parla esclusivamente di povertà ed emarginazione sociale ma anche di solitudine e mancanza di senso.
Un’altra sfida affidata alle Caritas diocesane è quella di “abitare” i luoghi delle istituzioni e le relazioni con gli altri mondi che vivono la solidarietà, per costruire un mondo più giusto in cui le periferie esistenziali diventino centro”.
“Da questi quattro giorni rientriamo arricchiti, con la nuova conoscenza di una realtà prima a noi poco nota, se non attraverso le cronache televisive e dei giornali; realtà che qui abbiamo potuto toccare con mano, attraverso le testimonianze che ci sono state portate, che hanno dimostrato la consapevolezza dell’importanza della presenza di Caritas e della carità sui territori, anche difficili, ma che attraverso il ritrovarsi e l’incontrarsi possiamo vivere e sentire come uniti e fratelli.
Portiamo a casa la consapevolezza che non esiste un “noi” e un “loro” ma siamo tutti insieme” – ha commentato il diacono Renato Nucera, direttore della Caritas diocesana di Gorizia.
“Sono rimasto molto colpito dalle testimonianze presentate, molto forti, che hanno fatto sentire e capire ancora una volta quanto sia importante l’attenzione all’altro.
Non da ultimo l’importante riflessione sulle periferie – non necessariamente ai margini delle città ma che possiamo trovare anche al loro centro – dove noi possiamo diventare “incroci”, perché è incrociando l’altro che possiamo iniziare così un cammino con lui.
Infine abbiamo avuto conferma, ancora una volta, del grande cuore e della gratuità che caratterizza queste comunità: abbiamo davvero ricevuto un’accoglienza speciale e calorosa, della quale conserveremo uno splendido ricordo.
Concludendo, si tratta ora, come siamo stati sollecitati, a continuare sulla strada dell’amore – com’è stato più volte richiamato nel corso di questo Convegno -, capace di tagliare le distanze e di abbattere i confini, che riesce a parlare un linguaggio che è quello della Pentecoste”.
Il Convegno si è chiuso con la concelebrazione eucaristica presieduta da monsignor Redaelli, il quale ha annunciato che sarà proprio la diocesi di Gorizia ad ospitare il Convegno nazionale del prossimo anno, coordinato dalla Delegazione Nord – Est delle Caritas diocesane.
L’appuntamento è quindi al 2024, quando “apriremo le porte di casa nostra” alle Caritas di tutta Italia, già in trepidante attesa di conoscere il nostro territorio transfrontaliero.
a cura di Selina Trevisan