In una delle giornate del Convegno Nazionale, i vari delegati delle Caritas diocesane sono stati divisi in quattro Assemblee tematiche, legate alle tre vie (gli ultimi, il Vangelo, la creatività), calate nelle sfide di oggi, ed in particolare io ho potuto partecipare all’incontro dal tema “Chiesa-Caritas in equilibrio tra emergenza, quotidianità e futuro nella sfida della sostenibilità” tenuto dalla professoressa Chiara Giaccardi, sociologa dei processi culturali e comunicativi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
L’intervento è stato molto stimolante, perché partendo da un’analisi sociologica della realtà che stiamo vivendo, la professoressa ha dato degli interessanti spunti su dove iniziare ed agire come Caritas, riflettendo su come vivere il concetto di sostenibilità e sul rapporto tra Caritas e cura.
La professoressa ha definito questo momento storico-sociale come “l’età dello shock”, fatto cioè di catastrofi naturali, crisi finanziarie, sociali, religiose e di guerre, dove in queste fratture la scelta è o morire schiacciati dagli eventi, o cambiare. Infatti ha sottolineato come proprio le criticità sono occasioni di cambiamento e possibilità, chiamandole catastrofi vitali intendendole cioè come un tempo propizio per spiragli di cambiamento dove le nostre comunità si dovrebbero inserire ed agire, se non vogliono morire.
Ha voluto soffermarsi sulla descrizione dell’attuale condizione delle nostre società, in quanto è importante conoscerne le sfaccettature se vogliamo un rinnovamento. Non è più sostenibile infatti continuare a vivere con un modello sociale di sviluppo che tende alla crescita smisurata, alla frammentazione, all’iperdigitalizzazione, richiedendo alle persone di essere sempre più performanti.
Questo di fatto ha portato sì ad una aumentata ricchezza, ma senza equità, avvicinandoci così a quella che sarà la nostra distruzione.
Se il quadro sociologico che ci ha presentato è non solo allarmante ma sconfortante, la professoressa ha aperto però uno spiraglio di speranza e possibilità, se noi come Caritas e comunità saremo in grado di rispondere ma soprattutto metterci in gioco in nome dell’amore per la nostra comunità.
Gli spunti li troviamo nell’Enciclica “Fratelli Tutti” di Papa Francesco, dove ci viene indicato di agire in modo diverso rispetto ai temi sulla transizione economica e sostenibilità, cambiando però schema: non puntando a risolvere i problemi economici ed ecologici, ma cambiando invece i modelli di sviluppo che non guardano più all’efficienza degli individui e al profitto, bensì che contrastano la frammentazione sociale e ricercano collettivamente nuovi modelli di partecipazione sociale, coinvolgendo gli esclusi concretamente e reciprocamente; attivare cioè processi, e non progetti, con gli ultimi e non per gli ultimi!
In questa prospettiva Caritas è ambasciatrice nel mondo e può aiutare a riumanizzare la società mettendo in circolo questo pensiero, ma solo se si rinnova nel fare e nel pensare. Non possiamo proporre qualcosa se non lo viviamo prima noi.
Per questo la professoressa ci ricorda di non perdere l’attenzione verso gli altri, senza questa non possiamo prenderci cura e vuol dire anche fermarsi e imparare a guardare oltre. Sempre il Papa ci ricorda di essere meno tecnici e più poeti sociali, ad agire cioè insieme, a uscire (Chiesa in Uscita) a riconoscere anche il nostro limite per essere più liberi di incontrare l’altro, anche perché è proprio grazie all’altro (la relazione) che possiamo notare i nostri limiti e crescere insieme.
Quello che porto sicuramente in Caritas da questo tavolo tematico è che c’è una speranza in questa società ammalata e dobbiamo testimoniarla. Possiamo essere il cambiamento solo partendo dal basso, nelle relazioni quotidiane ed educando alla cura, ma anche uscendo dai nostri schemi avendo il coraggio di ascoltare gli ultimi e l’umiltà di chiedere aiuto, di non fare da soli, ma insieme.
Valentina Busatta – responsabile Promozione Caritas Gorizia