È stato un percorso segnato dalle parole, dalla musica, dai gesti, dalle emozioni e da qualche lacrima, quello che i detenuti della Casa Circondariale di Gorizia hanno offerto agli spettatori della performance teatrale “Creatura”, allestita proprio nel cortile della struttura penitenziaria cittadina.
La rappresentazione – inserita all’interno del programma di “Se io fossi Caino”, Rassegna di Teatro e Arte del Carcere promossa dalla Compagnia Fierascena, finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia e dall’Arcidiocesi di Gorizia – Caritas Diocesana, realizzato in collaborazione con la Casa Circondariale e il Kinemax di Gorizia – ha concesso ad un folto pubblico esterno, successivamente all’accreditamento, di entrare nella struttura carceraria, varcare quella porta che, per una volta, non ha separato due mondi ma li ha uniti. Perché molto spesso ci si dimentica di quella parte della nostra città, che ne fa parte però a pieno titolo e racchiude al suo interno tante storie e tanti volti.
Lo spettacolo di quest’anno – dal forte impatto emotivo – è stato una grande dedica a Pino Roveredo, scrittore, regista e Garante dei diritti per le persone private della libertà personale del Friuli Venezia Giulia, recentemente scomparso. Una rappresentazione, curata alla regia da Elisa Menon, realizzata con i detenuti, prendendo il via proprio dalle parole di Roveredo – proposte ai presenti non solo attraverso la lettura e la recitazione di alcuni dei suoi versi ma anche attraverso la sua voce, tratta da alcuni spezzoni di passate interviste allo scrittore -.
“Paolo, tu l’hai conosciuto Pino?” “Sì” “E com’era?” “Un grande”. Inizia così lo spettacolo, facendo subito comprendere a tutti i presenti quanto Roveredo abbia lasciato nei cuori e nelle emozioni di quei detenuti. Si passa poi a raccontare di parole, che possono essere pesanti come macigni, ma possono anche trasformarsi e diventare leggere come piume; parole che sono frasi fatte, sentite e risentite, dette e ripetute, ma che possono essere lanciate via come un aeroplanino di carta…
Uno spettacolo, quello proposto dai ragazzi della Casa Circondariale, accompagnati in tutto il percorso creativo dall’esperta guida della Compagnia Teatrale Fierascena, che sicuramente ha suscitato in ognuno dei presenti una diversa emozione, andando a toccare corde che, a volte, rimangono sopite.
Tra i numerosi spettatori, anche alcuni famigliari dei detenuti, così come altri detenuti, presenti per applaudire i compagni al loro debutto. Presenti inoltre numerose autorità, tra le quali gli assessori comunali di Gorizia al Welfare e alla Cultura, il Prefetto e il Questore, il Magistrato di Sorveglianza, i comandanti di Guardia di Finanza e Carabinieri e Olga, sorella di Roveredo; tutti hanno tutti sottolineato il bisogno di umanizzazione della realtà carceraria e la necessità di pene giuste e, ove possibile, alternative, in modo tale da eliminare ogni possibilità di recidiva nella persona che si trova a dover scontare un periodo di reclusione. Accanto a loro anche l’arcivescovo Carlo, il quale si è soffermato sull’importanza di gesti come quello compiuto entrando, da esterni, nella realtà carceraria cittadina, incontrandola: “anche questo è un gesto di pace”, ha commentato monsignor Redaelli. Tra gli spettatori, anche Caritas diocesana – da sempre accanto a Fierascena come partner del Festival “Se io fossi Caino” – rappresentata dal direttore, diacono Renato Nucera, il quale ha ricordato non solo la sensibilità e l’impegno che Caritas pone nei confronti della realtà carceraria e dei diritti dei detenuti ma ha anche richiamato i presenti alla necessità di trovare, anche collaborando in rete, spazi dove poter finalmente dare vita a pene alternative, consentendo così un più proficuo e veloce reinserimento dei detenuti nella società e nel tessuto lavorativo, dando a loro una nuova occasione. Il diacono ha colto l’occasione anche per ringraziare la Compagnia Fierascena “per il contributo che ci offre per occuparci, ancora una volta, di umanità, proprio in un momento in cui il senso di “umanità” si sta perdendo, prediligendo sempre di più le cose alle persone”.
Significative infine anche le parole pronunciate dal direttore del Carcere di Gorizia, Alberto Claudio Quagliotto, il quale ha ricordato come “il carcere è un po’ l’altra faccia della Luna e noi siamo degli esploratori, arrivati con una navicella; sta a noi scendere da questa e iniziare a conoscere questo luogo sconosciuto”.
(da “Voce Isontina” n. 27 dell’8 luglio 2023)