Non dappertutto la malattia mentale è vissuta allo stesso modo e con le stesse attenzioni, vuoi per una minore disponibilità formativa, di risorse umane ed economiche, vuoi per una questione culturale a volte ancora ancorata al passato. Questo quanto molto spesso ancora accade in Burkina Faso, dove la malattia psichica è spesso gestita con grandi difficoltà, in molti casi senza un adeguato percorso terapeutico o con l’interruzione di esso.
Da anni l’associazione Saint Camille de Lellis – guidata dal segretario e coordinatore, il reverendo Emmanuel Nabaloum, seguendo il solco tracciato da Gregoire Ahongbohon con il suo lavoro di recupero e reinserimento dei malati mentali – è l’unica struttura ad offrire accoglienza e percorsi personalizzati di cura e reinserimento alle persone con disagio psichico dell’area urbana e periferica di Bobo – Dioulasso, seconda città per importanza del Paese.
Da diverso tempo padre Nabaloum mantiene rapporti di collaborazione su vari progetti umanitari con il CVCS e con Il Centro missionario diocesano di Gorizia. Tra questi importanti progetti si inserisce una nuova ed inedita collaborazione, con nuovi attori, che proprio in questi ultimi mesi ha visto portare a compimento il suo obiettivo: la costruzione di un dormitorio femminile presso il centro di ergoterapia con annessa fattoria ergoterapica di Doufiguisso.
Il progetto
Il progetto inizia a muovere i suoi passi all’interno di quello che è stato il primo anno di cammino del Sinodo della Chiesa. Proprio in un’ottica sinodale ha visto stringersi attorno ad un unico obiettivo diverse realtà, tanto ecclesiastiche quanto laiche, decise a dare il proprio contributo in un progetto importante, reale, operativo.
Caritas diocesana, Centro missionario diocesano e CVCS di Gorizia in parti uguali, cui si è aggiunto anche il contributo della Cassa Rurale FVG, hanno voluto sostenere insieme l’estensione del centro di ergoterapia “Centre Laudato si’ pour l’Éducation, la Réhabilitation et la Réinsertion” (CLER) con la realizzazione del dormitorio.
La decisione di creare tale struttura adotta un approccio di genere come metodo per offrire al target femminile una protezione specifica per l’intera durata del delicato percorso terapeutico e per rafforzare l’efficacia dell’intervento stesso.
Le ragioni alla base dell’idea di offrire alle donne un centro di formazione e riabilitazione comprendono le innumerevoli difficoltà relative al reinserimento, alla ricerca di possibilità di autoaffermazione e dell’impegno delle autorità locali responsabili. Il centro persegue lo scopo di promuovere i diritti delle donne nell’ambito dell’apprendimento della gestione di attività generatrici di reddito, allo scopo di facilitarne il reinserimento nel contesto sociale.
Presso il CLER le donne possono svolgere attività di apprendimento di professionalità che possono permettere loro di avviare piccole occupazioni. Successivamente all’apprendimento di queste attività, le assistite sono reinserite nel loro contesto familiare – ove le famiglie si dimostrino disponibili -: è proprio in questo contesto che va ricercata la soluzione per il reinserimento sociale. Accade che alcune di esse ritornino saltuariamente presso il Centro per partecipare ad attività, ma anche nel caso di ricadute esse sono nuovamente riaccolte. Non da ultimo, una volta uscite, sono costantemente seguite con incontri di controllo e assistenza.
I promotori
“La malattia mentale in Burkina è gestita con molta fatica, perché la sintomatologia del disturbo mentale in genere si presta a varie interpretazioni da sottrarlo alla normale presa in carico. Così tra l’approccio tradizionale dei guaritori e la soluzione spirituale dei gruppi di preghiera si fa fatica a organizzare un vero percorso terapeutico – ci spiegano padre Emmanuel e Massimiliano Pipani, presidente del CVCS -.
All’interno di questa gestione, la famiglia rimane il punto insostituibile proprio perché non essendoci un sistema sanitario che garantisce la cura per tutti, sono sempre i parenti che rispondono per i vari bisogni presso le strutture e gli operatori.
C’è da sottolineare che le persone non vengono allontanate dalle loro stesse famiglie: nella maggior parte dei casi sono state curate e di fronte ai problemi economici per continuare la cura, spesso di lunga durata, o al fallimento della terapia come accade ovunque, subentra l’abbandono di ogni percorso terapeutico. Altro problema è la totale assenza di terapie complementari nel sistema sanitario nazionale al punto che, dopo la cura farmacologica, non ci sono proposte per aiutare al reinserimento del malato presso la famiglia o nella società.
Il valore aggiunto del centro di reinserimento dell’ASCL sta proprio nell’aiutare le famiglie e la società a percepire che ci sono altre possibilità e soprattutto a credere che anche per chi sembrava perso c’è sempre speranza”.
Da tempo come Caritas diocesana nutrivamo il desiderio di poter realizzare qualcosa di fattivo insieme a Centro Missionario e CVCS, cui si è aggiunta anche la Cassa Rurale FVG; non volevamo “agire” da soli – ha illustrato il direttore, diacono Renato Nucera -. Si è presentata quindi l’occasione di farlo in Burkina Faso, di cui conosciamo la delicata situazione del mondo della malattia mentale. La collaborazione, sempre attiva, con gli altri autori di questo progetto, ci portano oggi a poter donare a queste utenti qualcosa di tangibile, utile e operativo. Non una “goccia in un mare” ma qualcosa che le può realmente sostenere e aiutare nel loro percorso terapico, fatto di cura ed emancipazione. Non possiamo che essere estremamente lieti di quanto realizzato e desiderosi di compiere altri passi in avanti, sempre insieme, in un’ottica appunto di crescita sinodale.
“È la prima volta che si propone un progetto di questo tipo – aggiunge don Giulio Boldrin, direttore del Centro missionario diocesano -: a volte, pur lavorando all’interno della stessa realtà, si tende a operare un po’ per “compartimenti stagni”. Proprio per cambiare quest’ottica e lavorare in modo sinodale – prendendo proprio spunto da quanto ci viene richiesto in questo cammino – abbiamo voluto realizzare un progetto che definirei trasversale, molto bello, che soddisfa le attese operative di tutti i partner. È inoltre molto specifico e tangibile, e consolida i rapporti di collaborazione. Lo definirei un progetto ottimo da tutti i punti di vista.
Le prospettive che si aprono ora vanno proprio in un’ottica sinodale, nel segno di un cammino insieme di diverse realtà. Certamente questo è un primo passo e altri ne seguiranno”.