Continua sul territorio l’accoglienza dei cittadini ucraini in fuga dal conflitto nel loro Paese. Dall’inizio dell’emergenza il dormitorio “monsignor Luigi Faidutti” di piazza Tommaseo a Gorizia, allestito come hub per la primissima accoglienza, ha ospitato 56 persone. Di queste, 43 sono ora inserite in percorsi di accoglienza sotto la protezione internazionale temporanea, seguite da Prefettura e dalla Cooperativa Murice, ente gestore del programma di ospitalità.
Ad oggi 25 persone sono accolte a Gorizia, 3 a Capriva del Friuli, 12 in località Gabria a Savogna d’Isonzo e 3 a Moraro – ha spiegato la dottoressa Valentina Busatta, responsabile dell’area Promozione di Caritas diocesana di Gorizia -. Priorità è stata data ai posti disponibili all’interno delle canoniche messe a disposizione dai parroci diocesani, anche per non “gravare” sulle famiglie, ad ogni modo ci sono anche 3 appartamenti messi a disposizione da privati cittadini che in questo momento accolgono altrettanti nuclei famigliari ucraini.
Rilevante sul territorio anche la presenza di persone in fuga dal conflitto che non rientrano nei percorsi di accoglienza statali ma che vengono ospitate in maniera autonoma da famigliari e amici già residenti da tempo in provincia e in diocesi. “Non dimentichiamo che circa l’80% dei cittadini ucraini presenti in Regione dallo scoppio del conflitto è accolto da privati – ha aggiunto Busatta – e il trend è confermato anche sul territorio diocesano, dal quale riceviamo feedback in proposito dalle Caritas parrocchiali. Ora infatti per questi nuclei ospitanti inizia ad essere molto difficile provvedere al mantenimento di tante persone – pensiamo ad una famiglia di 3 persone che improvvisamente diventa da 6 -. Con non poche difficoltà quindi si rivolgono alla rete diocesana delle Caritas, dove possono ricevere supporto per quanto riguarda la spesa alimentare, ottenendo accesso alla tessera degli Empori della Solidarietà, così come possono ottenere sostegno per le necessità dei bambini grazie all’Emporio dell’Infanzia, che si occupa di distribuire indumenti e vari oggetti specifici per la prima infanzia e infanzia. Con particolare riferimento a quest’ultimo, in questo momento vi si sono rivolte già una decina di famiglie ucraine”.
Come sottolineato dalla dottoressa Busatta, è complicato per queste persone chiedere aiuto: “va sempre tenuto presente che ci troviamo di fronte a una situazione di accoglienza completamente diversa da quella cui eravamo abituati sul territorio; si tratta infatti di persone che avevano un lavoro, una casa, un futuro nel loro Paese, luogo dove sperano di tornare al più presto. Non da ultimo, per loro cultura è molto complicato “chiedere” aiuto, sono abituati ad essere totalmente autonomi anche nelle situazioni di difficoltà. In questo particolare contesto notiamo che a volte le famiglie ucraine ospitanti tendono ad essere forse troppo “ottimiste”, ovvero credono di riuscire comunque a farcela da sole, nonostante le nuove necessità e i costi dovuti ad un aumento dei componenti presenti in casa. Sono poi decisi nel rientrare in Ucraina a breve e ciò è dimostrato dal fatto che in pochi hanno accettato di incominciare dei corsi per imparare l’italiano. Credo che per loro l’accettare di iniziare un percorso di accoglienza significhi un po’ sventolare bandiera bianca su un possibile rientro tempestivo nel loro Paese. Grande quindi il delicato e rispettoso lavoro messo in atto dai volontari per approcciarsi a queste persone, un lavorare “in punta di piedi” per aiutarle a comprendere la loro situazione, per far arrivare dei piccoli aiuti, sempre senza andare oltre, senza essere invadenti. Traendo quindi un bilancio da questi 2 mesi di conflitto e di presenza di cittadini ucraini sul nostro territorio, possiamo dire che l’emergenza probabilmente inizierà ora, con queste famiglie ospitanti che si trovano improvvisamente ad affrontare un forte rincaro della propria vita, come è stato anche riscontrato dal nostro Centro di Ascolto diocesano e dai Centri di Ascolto parrocchiali, che hanno già iniziato a ricevere richieste di nuclei che non sono più in grado di sostenere, con le loro entrate, un’urgenza di questo tipo”.
Significativo inoltre il fatto che molte delle persone in fuga dal conflitto stiano ora continuando a lavorare: grazie infatti allo smart working, in diversi stanno mantenendo da remoto la propria occupazione, che per lo più si svolge per aziende estere. “Ci troviamo però di fronte ad una situazione particolare – ha aggiunto la responsabile Caritas -, quella in cui moltissimi di loro vorrebbero poter affittare un appartamento, per essere più autonomi, ma sono bloccati perché ancora in attesa dei documenti definitivi. Lo stesso anche per coloro che invece hanno dovuto lasciare il proprio lavoro nel Paese mettendosi in fuga e che qui, sempre perché in attesa dei documenti definitivi, non possono presentare la loro candidatura per una nuova occupazione”.
Non manca però, nonostante il dramma vissuto da queste persone, la voglia di riunirsi e stare insieme: “Negli scorsi giorni alcune famiglie ucraine hanno chiesto di poter essere messe in contatto con altri connazionali presenti sul territorio, in particolar modo per far incontrare i propri bambini e ragazzi, per il loro bisogno di socializzare. Accanto a questa contiamo numerose iniziative messe in atto dalle comunità cristiane che stanno ospitando questi cittadini che, come nella recente Pasqua, hanno realizzato e stanno realizzando momenti di incontro e di convivialità, proprio per far sentire queste persone parte di una comunità, che li ospiterà per un periodo, più o meno lungo, di tempo”.
dalla rubrica “Gocce di Carità” di Voce Isontina del 28/04/2022