A Gorizia è operativo l’Emporio dell’Infanzia, innovativa iniziativa di Caritas diocesana, sorta dal proficuo scambio di buone prassi con l’Humanitarno Drustvo Kid, che propone una simile realtà nella cittadina slovena. Ispirandosi a quest’esperienza positiva, Carits diocesana ha dato vita a un servizio che desidera rispondere alle necessità di tante famiglie con bambini che si trovano in una situazione di difficoltà per quanto riguarda l’acquisto di abbigliamento e materiali per i primi anni di vita.
All’Emporio dell’Infanzia prestano il proprio servizio una quindicina di volontarie: sono mamme che aiutano mamme, donne che aiutano altre donne, famiglie che aiutano famiglie.
Abbiamo incontrato Aurora e Chiara e ci siamo fatte raccontare la propria esperienza di volontariato.
Aurora, Chiara, raccontateci qualcosa su di voi e sulle vostre esperienze nel mondo del volontariato.
Aurora: io sono un’insegnante di scuola secondaria di primo grado. Quand’ero ragazza ho fatto delle esperienze di volontariato con gli Scout; per un periodo poi non ho più svolto servizio, fino al 2020, quando sono stata coinvolta qui, all’Emporio dell’Infanzia, attraverso un’amica che conosceva il progetto, da poco avviato. Sapevo che in quel momento stavano cercando dei volontari, avevano bisogno di una mano. L’attività mi è sembrata da subito interessante e così ho scelto di farmi avanti; mi piaceva l’idea di ricominciare il volontariato proprio da qui.
Chiara: Io sono impiegata in un ente pubblico; anch’io come Aurora ho svolto attività di volontariato da ragazza negli Scout ma poi tra vicende della vita, famiglia e figli non ho svolto attività. Adesso mi sono “reinvestita” nuovamente e ho ripreso qui all’Emporio, poco dopo la sua apertura, avvenuta a fine 2020, sempre coinvolta da quest’amica comune e anche da Aurora.
Per me, il pensiero che dei bambini siano senza nulla, che debbano avere bisogno di tutto ciò che per altri bambini è quasi scontato, mi ha fatto stringere il cuore; essendo io mamma ho pensato tanto a queste creature. A dire la verità in quel momento non era nei miei pensieri tornare a fare volontariato ma quand’ho saputo di questo nuovo progetto lanciato da Caritas diocesana, ho sentito che era la cosa giusta da fare.
Voi seguite l’Emporio dell’Infanzia praticamente dai suoi esordi. Come avete visto progredire, maturare, questo servizio?
Chiara: Sicuramente nel tempo c’è stata una crescita nei numeri delle volontarie che prestano servizio. Come opera poi, certamente è più conosciuto ora rispetto al suo avvio e noi volontarie abbiamo compreso, interiorizzato, il giusto modo di rapportarci con queste persone, che hanno una grande dignità che va protetta, rispettata e valorizzata.
Aurora: I compiti di noi volontarie non sono mutati in questo periodo, certamente invece il servizio è più conosciuto. Tuttavia non dobbiamo dimenticare che il periodo pandemico ha inciso tantissimo, abbiamo dovuto spesso rispettare le chiusure imposte dalle linee guida ministeriali. Guardando però ai numeri delle tessere, certamente c’è stata una crescita e una maggiore diffusione nella conoscenza di questo servizio.
Come si attestano gli accessi settimanali al servizio?
Aurora: Ogni settimana si presentano una decina di famiglie e ogni famiglia ha più figli – si arriva tranquillamente anche a 3 o 4 -.
In questo momento contiamo circa 150 tessere attive e in queste sono comprese anche le schede che sono state attivate per le famiglie ucraine accolte in diocesi in seguito allo scoppio del conflitto e che hanno bisogno di sostegno per il vestiario dei propri bambini e ragazzini.
Ogni famiglia può far accesso all’Emporio una volta ogni due mesi; siamo consapevoli però che i bambini non guardano il calendario nella loro crescita e, in caso di necessità, non siamo così rigide e possiamo anticipare un pochino l’accesso successivo, soprattutto se devono, per esempio, cambiare le scarpe o se i vestiti iniziano ad essere ormai corti o stretti.
A volte poi alcune mamme vengono per riportare i vestiti ancora in buone condizioni ma che ai loro bambini non vanno più bene: si crea così un circolo fruttuoso, una catena di aiuto tra mamme e tra famiglie, che prosegue davvero in maniera spontanea e gentile.
Come si svolge il “pomeriggio tipo” di una volontaria qui all’Emporio dell’Infanzia?
Aurora: Noi volontarie siamo quasi sempre presenti in 3 per ogni giornata di apertura.
Il servizio inizia alle 16 e vede due volontarie al bancone per la distribuzione del vestiario, ci si dà una mano anche per annotare sulle schede personali dei nostri utenti i capi che vengono distribuiti; la terza volontaria si occupa del ritiro del vestiario che arriva dalle donazioni – che possono essere effettuate nella stessa giornata di apertura – e alla sistemazione di queste, nonché della sistemazione del magazzino e degli scaffali d’esposizione.
Chiara: A volte, quando ci sono per esempio i periodi del cambio di stagione, può capitare che noi volontarie veniamo magari una volta in più lungo la settimana a sistemare il magazzino, che si trova negli spazi sottostanti l’Emporio; sistemare tutto in una sola giornata sarebbe pressocché impossibile. Facciamo il “cambio degli armadi” ma è un “armadio” davvero grande! (ridono entrambe n.d.r).
Voi qui vedete ogni settimana tanti volti, tante storie. C’è qualcuna che vi è rimasta particolarmente impressa, qualche particolare che porterete con voi tra i ricordi?
Chiara: Va detto che loro non ci parlano molto, sono in genere molto riservate, ed è giusto così. Però tra le cose belle che certamente rimarranno con me, ci sono i sorrisi dei bambini, che veramente ti riempiono il cuore.
Devo poi dire che sono rimasta molto colpita dall’arrivo delle donne dall’Ucraina, con i loro bambini; è stata un’esperienza di forte impatto. Chi traduceva per loro ci raccontava che erano scappate con poche cose, che il marito, il fratello, parenti stretti, erano stati chiamati sui luoghi di combattimento…
Aurora: Oltre alla riservatezza di queste persone, c’è da dire inoltre che spesso è presente anche l’ostacolo rappresentato dalla lingua: diverse parlano poco l’Italiano, o non lo parlano proprio – non è infrequente infatti che vengano accompagnate da un’amica che conosce la lingua o che i figli facciano da mediatori -.
Tra le cose che mi hanno colpita in maniera positiva, ci sono le tante persone che donano cose proprio nuove, provenienti spesso dai negozi della zona, così come persone che hanno volutamente comprato indumenti; ricorderò sempre con affetto una signora senza figli che, per rispondere a un nostro appello di ricerca di giubbotti per l’inverno, comprò appositamente alcuni giacconi pur di poterci donare qualcosa.
Da questo vostro “osservatorio” particolare, qual è secondo voi lo “sguardo” di Gorizia? È una città che sa “guardare” alle difficoltà?
Aurora: Secondo me c’è chi si rende conto delle difficoltà presenti, è attento e fa magari del buon volontariato, così come c’è anche chi non se ne rende conto.
Ho percepito inoltre una cosa: spesso la gente si ferma alla prima impressione, all’apparenza. Vede magari i bambini di queste famiglie con abitini di buona fattura, a volte anche con capi di marca e pensa “ma allora se lo possono permettere, hanno i soldi”. Quando invece non sanno che quei capi sono di seconda mano, sono frutto di donazioni; certo tenuti bene e appunto alle volte anche di marca, ma sono indumenti che, senza l’aiuto della Caritas diocesana e dell’Emporio dell’Infanzia quei bambini e quelle famiglie non avrebbero mai avuto, perché oltremodo fuori dalla loro possibilità economica.
La gente spesso non si rende conto di questo e trae delle conclusioni affrettate e dettate solo appunto dall’apparenza.
Basta guardare poi alle loro mamme, che spesso e volentieri indossano degli abiti vistosamente consumati, a volte nemmeno adeguati alla stagione in corso (ci è capitato di vederne alcune con solo le ciabatte in pieno inverno).
Chiara: Io mi sono resa conto che molte famiglie portano qui all’Emporio le cose dei propri bambini – oltre ai vestiti arrivano anche libriccini, qualche giocattolo, peluches… – quindi vuol dire che la città si rende conto che c’è effettivamente una necessità. Penso quindi che Gorizia sia una comunità abbastanza attenta.
Ovviamente, come dappertutto, ci sono anche i detrattori che devono sempre trovare “il pelo nell’uovo” verso lo straniero, non rendendosi conto che queste sono persone che arrivano molto spesso da situazioni inumane presenti nel proprio Paese d’origine e che qui cercano semplicemente una vita migliore di quella che si sono lasciati alle spalle, alla fine come hanno fatto moltissimi immigrati italiani nel dopoguerra.
Voi svolgete volontariato ormai già da qualche tempo. Come consigliereste quest’esperienza e perché?
Chiara: Direi a tutti che tu vai a colmare i “buchi di tempo” con il volontariato, ma il volontariato colma tanti tuoi “buchi”.
Io dopo un turno qui vado a casa con negli occhi le immagini di tanti sguardi e i sorrisi di questi bambini; li ho aiutati ma sono loro che aiutano me: mi sembra di aver fatto qualcosa più per me che per loro, è qualcosa che ogni volta mi arricchisce dentro.
Aurora: Condivido e posso esprimermi con un noto motto: “donare è meglio che ricevere”, la gioia che si prova nel donare e nell’aiutare è ineguagliabile.
di Selina Trevisan
(intervista pubblicata su Voce Isontina all’interno della rubrica “Gocce di Carità”, a cura della Caritas diocesana di Gorizia)