Quando la povertà tocca i più giovani…

L’incontro, promosso dalla Caritas diocesana di Gorizia in occasione della Giornata mondiale dei Poveri ha visto la partecipazione non solo di numerosi operatori della carità diocesani ma anche di educatori, insegnanti e persone attente e interessate alla particolarità della problematica proposta

In una Santa Maria Assunta gremita di persone, lo scorso sabato 18 novembre a Gorizia si è parlato di una delle tante e complesse sfaccettature della povertà: quella educativa.

L’incontro, promosso dalla Caritas diocesana di Gorizia in occasione della Giornata mondiale dei Poveri ha visto la partecipazione non solo di numerosi operatori della carità diocesani ma anche di educatori, insegnanti e persone attente e interessate alla particolarità della problematica proposta.
La Veglia, come da tradizione, ha coniugato momenti di testimonianza e riflessione a momenti di silenzio e preghiera, guidati dal nostro arcivescovo Carlo, che è anche presidente di Caritas italiana.
Ad aprire la serata, una lettura – da parte di Valentina Busatta, responsabile dell’area Promozione della Caritas diocesana di Gorizia – tratta da “Non distogliere lo sguardo dal povero”, il Messaggio di papa Francesco per questa VII Giornata mondiale dei Poveri, celebrata domenica 19 novembre: “un fiume di povertà attraversa le nostre città e diventa sempre più grande fino a straripare; quel fiume sembra travolgerci, tanto il grido dei fratelli e delle sorelle che chiedono aiuto, sostegno e solidarietà si alza sempre più forte […] Non posso tralasciare, in particolare, una forma di disagio che appare ogni giorno più evidente e che tocca il mondo giovanile. Quante vite frustrate e persino suicidi di giovani, illusi da una cultura che li porta a sentirsi ’inconcludenti’ e ’falliti’”.

I testimoni – 1
Elena Pineschi
Alla luce delle parole di papa Francesco, si è passati così al “primo momento”, con la testimonianza della dottoressa Elena Pineschi, psicologa e psicoterapeuta. La dottoressa ha sottolineato come, con la definizione di “povertà educativa”, si indichi anche e soprattutto l’impossibilità, per i ragazzi, di far fiorire i propri talenti e non poter accedere al giusto livello di educazione, cosa che determina non solo l’arricchimento cognitivo personale, ma anche la possibilità di imparare a “stare” in società. Povertà educativa è quindi la mancanza di opportunità.
Ha inoltre riportato alcuni dettagli professionali, rilevati negli ultimi anni, nel corso della pandemia e subito dopo: “i lockdown hanno chiesto il “pagamento” più forte proprio ai giovani, con una forte crescita dei disturbi legati all’ansia, dei disturbi dell’alimentazione, dell’autolesionismo e problematiche psicologiche che possono compromettere l’adulto di domani”.
Concludendo la dottoressa ha ricordato l’importanza di aiutare questi giovani e l’importanza di dare anche quei “no che aiutano a crescere”; ha poi sottolineato come si debba “pensare in grande attorno alla scuola e alle famiglie per realizzare il benessere e la crescita dei ragazzi, creando tutti insieme una vera comunità educante”.

I testimoni – 2
Marco Luciano
Il “secondo momento”, introdotto dalle parole di don Lorenzo Milani, ha visto la testimonianza di Marco Luciano, docente di Religione cattolica presso alcuni istituti secondari cittadini.
Marco ha riportato degli scritti – condivisi a schermo con l’uditorio presente – che alcuni dei suoi alunni gli hanno affidato nel corso di un progetto sulle emozioni, sulla loro comprensione e sulla loro gestione. “Dalle parole dei ragazzi, ha raccontato Luciano, sono uscite delle emozioni forti, talmente tanto che a volte, mentre le rileggevo, mi sono dovuto fermare per “metabolizzare” quanto avevo appena letto. Sono parole che a volte portano sorrisi, a volte portano lacrime. Quello che emerge più di tutto è la loro necessità di stabilire un legame, tra loro e tra ciò che li circonda”. Con questo progetto il docente e i ragazzi si sono interrogati sulle emozioni e si è tentato di spiegare cosa appartenga ad esse e soprattutto cosa non appartenga; insomma, si è cercato insieme di “imparare ad amare”.

I testimoni – 3
don Vincenzo Salerno
Dopo il tempo di silenzio per la riflessione personale si è aperto il “terzo momento”, con la testimonianza di don Vincenzo Salerno dei Salesiani di Gorizia, direttore dell’Oratorio San Luigi. Don Vincenzo ha riportato alcune delle esperienze vissute assieme ai minori stranieri non accompagnati, privati in qualche modo della loro dimensione infantile e giovanile.
“Quello che chiedono, è essere “riconosciuti” – ha raccontato il sacerdote -. Pensiamo che proprio nella loro differenza culturale e linguistica possiamo trovare occasione di incontro, conoscenza e riconoscimento dell’altro. Sono ragazzi che vivono sulla propria pelle ricatti economici, debiti condivisi con le famiglie, difficoltà di inserimento nel mondo della scuola e in quello professionale. Hanno tanto bisogno di avere delle chances, per farsi conoscere e per essere appunto riconosciuti”. Don Vincenzo si è soffermato poi anche sui bisogni di tanti ragazzi incontrati attraverso le opere educative salesiane: “troviamo spesso ragazzi che vivono il dolore di famiglie ferite. Quello che prima di tutto dobbiamo fare è domandarci quanto tempo diamo ai ragazzi per parlare con loro. Solo così è possibile prendere tempo per instaurare un rapporto di fiducia, che richiede molto tempo ma aiuta ed è necessario per costruire relazioni”.

I Testimoni – 4
Egidio Barbiero
Il “quarto momento” ha posto quindi l’accento anche sulla povertà economica. Il volontario Egidio Barbiero, della Caritas parrocchiale di Gradisca d’Isonzo, ha riportato la storia di una donna, giovane, rimasta vedova e con due figli minori. Attraverso l’aiuto della Caritas questa giovane madre, un passo alla volta, è riuscita a ritrovare la sua stabilità e, nonostante il dolore, a vivere serena con i suoi figli.

L’arcivescovo Carlo
Dopo la lettura di alcuni passi dal Vangelo di Luca, letti dal diacono Paolo Zuccon, l’arcivescovo Carlo ha proposto ai presenti alcune riflessioni riguardo la tematica affrontata nel corso della serata. “La lettura dal Vangelo, quella che un tempo veniva chiamata “Il figliol prodigo” ma oggi è più conosciuta come “Il padre misericordioso”, ci ricorda che l’uomo è sempre alla ricerca di realizzazioni, di concretizzare i propri desideri, insomma siamo “incompiuti” e andiamo cercando la felicità. Ma proprio come uomini siamo fatti per cercare relazioni, e sono queste relazioni ad essere la vera felicità. Se si è ricchi ma non si è amati, non funziona”.
L’arcivescovo ha infine posto l’attenzione nuovamente sui giovani che, non va dimenticato, “hanno bisogno anche di essere perdonati e in questo accoglierli, trovare la possibilità di riscatto”.
La serata di incontro si è conclusa con la consegna, da parte dell’arcivescovo, del mandato agli animatori della carità delle parrocchie diocesane, ai quali è stato affidato un libriccino contenente una preghiera di papa Francesco.
Infine, a tutti i presenti, è stato distribuito un piccolo pensiero, in ricordo del momento trascorso insieme: un block notes e una matita, magari proprio per raccogliere i pensieri e le emozioni di cui si è tanto parlato nel corso della serata.
Il giorno successivo l’arcivescovo Carlo ha celebrato, sempre in Santa Maria Assunta, la messa per la Giornata mondiale dei Poveri, fermandosi poi a pranzare con i poveri della città alla Mensa dei Cappuccini.
Selina Trevisan

(articolo pubblicato su Voce Isontina n. 45 del 25 novembre 2023)

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